Me l'ha inviata Agostino, che è diventato co-autore di questo blog, anche se fa il timido e non pubblica direttamente ;-) Battute a parte, lo ringrazio per questo e per tutti gli altri contributi che spesso mi invia e che apprezzo sempre molto.
Tornando a questa lettera, la condivido in pieno e ve la propongo come occasione di riflessione e di confronto in modo assolutamente sereno ed amicale.
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1. Dopo la morte di Eluana Englaro ritroviamoci tutti nella pietà. Chi prega si unisca nella preghiera; chi ha sfruttato questo caso doloroso, si penta. Cessi un attivismo frenetico che si serve di vicende drammatiche per far prevalere principi e ideologie, o anche solo interessi di parte.
Diamo spazio alla riflessione responsabile e fiducia alla coscienza.
Nessuno, neppure la chiesa, maestra di vita, dispone di risposte certe in casi delicati come questo, dove il confine tra accanimento terapeutico e difesa della vita è controverso. Più competenze e più voci debbono essere prese in considerazione, tutti – credenti, laici e presbiteri, e non credenti – devono essere ascoltati con rispetto, e la parola dei pastori deve aprire alla speranza, incoraggiare la misericordia, sostenere il travaglio delle coscienze.
La comunità cristiana torinese, che contiene al suo interno, in presbiteri e laici, tesori di esperienza e di dedizione, susciti un processo serio e impegnativo di riflessione sulle nuove tecniche alla luce del disegno di Dio sulla creazione, riflessione che non si arresti a una concezione biologistica della vita, estranea alla Bibbia e alla tradizione cristiana.
2. La difesa della vita, per noi cristiani, impone di proteggere, anche nelle leggi, nella politica, nell'economia, prima di tutti le schiere dei più poveri, oppressi, esclusi, discriminati, scacciati, perché essi sono le immagini più dirette di Cristo stesso, che si identifica nel ferito sulla via, come nel samaritano che se ne prende cura. Alta e forte si faccia sentire la voce dei credenti contro chi, strumentalizzando le insicurezze, diffonde un clima di intolleranza e di discriminazione e contro chi accresce il proprio benessere costruendo armi e diffondendo guerre.
3. È compito precipuo dei laici operare responsabilmente in tutte le questioni che per loro natura non investono direttamente il contenuto di fede, ma la sua interpretazione e applicazione pratica. Per questa via, pur nella possibile pluralità delle opzioni, non è messa a rischio l'unità della chiesa, che tocca ai pastori custodire, sollecitando un approfondimento della riflessione e promuovendo uno spirito di riconoscimento reciproco tra le parti. La gerarchia deve evitare di intervenire nella discussione politica, pretendendo o fingendo di rappresentare i cattolici. Nelle questioni politiche i
credenti si rappresentano da soli e alla gerarchia spetta l'alto compito di custodire e richiamare i limiti, oltre i quali il Vangelo è esplicitamente e chiaramente tradito.
4. La chiesa cattolica non disperda ma ritrovi, ravvivi e attui la grande grazia del Concilio Vaticano II, come suo attuale criterio storico di unità, perché chiudersi o resistere allo Spirito santo è il più grave dei peccati, e accoglierlo fa trovare la via di Cristo nel tempo storico che viviamo. Il Concilio ha guardato al mondo e al suo moderno sviluppo non per condannarlo, ma per cogliervi i segni dei tempi, ha fatto affidamento alla coscienza come atto di fiducia nella libertà e nella responsabilità e non come cedimento al relativismo.
Non si retroceda su ciò che solennemente ha costituito l'impegno della chiesa riunita in Concilio.
5. La chiesa cattolica si guardi dal divenire parte tra parti, potere tra i poteri.
In tempi simili a questi nostri, cristiani di viva fede trovarono in alcune poche parole, «pregare e operare per la giustizia», la forza e la via giusta per resistere a potenze idolatriche, senza servirle, ma imparando a «osare la pace per fede».
6. Se noi cristiani non annunciamo con parole e fatti il vangelo del Regno di Dio, cioè la notizia che si può già ora vivere di fraternità, senza minaccia e paura, senza ossessioni interiori, non schiavi della legge, ma liberi nell'amore che realizza la legge, e se ci limitiamo ad imporre in modo autoritario pesi che non sappiamo portare, è come se il Salvatore non fosse venuto e il nostro compito resta inadempiuto. Perciò, in questi problemi del nostro tempo ne va del Vangelo stesso.
domenica, 22 febbraio 2009
Il coordinamento di Chicco di Senape: Oreste Aime, Giuseppe e Cristina Bordello, Simona Borello, Vincenzo Buttafuoco, Nino Cavallo, Paolo Chicco, Claudio Ciancio, Roberto Di Lupo, Giuseppe Elia, Tommaso Giacobbe, Paola Giani, Marco Mazzaglia, Salvatore Passari, Ugo Perone, Enrico Peyretti, Franco Peyretti, Domenico Raimondi, Toni Revelli, Maria Adele Roggero, Ugo Gianni Rosenberg, Mario Sanguinetti, Fiorenzo e Anna Maria Savio, Stefano Sciuto, adriana Stancati Momo, Riccardo Torta.
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